Situazione dei Rom ad Arpinova

Classificare gli essere umani in cittadini di serie A o di serie B in base alla proprie origine, religione o cultura con il conseguente atto di ghettizzarli in quartieri ai margini della città o ancor peggio in campi dislocati nelle campagne limitrofe ai centri urbani, non va solo contro i principi della nostra Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ma sul piano risolutivo, risulta essere il modo peggiore di affrontare questo tipo di problematiche della società.

La diversità, fin dalle nostre origini, è sempre stata una risorsa, se questo principio fosse adottato anche tra gli uomini, diventerebbe un’opportunità inestimabile. Spesso accade il contrario, e la diversità tra le persone serve solo a innalzare dei muri che con il tempo, a causa dell’ignoranza, si tramutano in scontri o ancor peggio in guerre vere e proprie.

Il territorio foggiano da anni è attanagliato dal degrado civile e sociale del campo rom sito in Arpinova, precipitato da troppo tempo nell’oblio delle amministrazioni locali. La disavventura dei residenti del campo rom di Arpinova trae la sua origine dalla guerra civile in Jugoslava che interessò i territori appartenenti alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia tra il 1991 e il 1995 causandone la sua dissoluzione. Alcuni dei profughi provenienti da Skopje, città Macedone al confine con la Serbia, per non essere vittime della pulizia etnica fuggirono in Italia. A Foggia molti di loro trovarono rifugio presso il campo di accoglienza in via San Severo.

L’odissea dei Rom Macedoni ad Arpinova ebbe inizio il 12 Marzo 2005, quando nel campo di via San Severo a seguito di un incendio, l’allora sindaco Orazio Ciliberti dichiarò il campo inagibile ed emanò una ordinanza di sgombero in seguito alla quale furono tutti trasferiti ad Arpinova in un ex Campo definito di“Prima Accoglienza”. La permanenza presso il campo di Arpinova, secondo quanto riferito dai Macedoni, doveva essere transitoria e non superare i 6/9 mesi, ma ciò non avvenne. Nel frattempo nonostante l’ordinanza di sgombero, il Campo Container di via San Severo ospita, a tutt’oggi, nuclei familiari di Italiani senza tetto.

L’incendio di via San Severo non fu certo una fatalità se si considera che nel campo di Arpinova in questi anni sono scoppiati altri due incendi e ciò nonostante, oggi il campo presenta il medesimo livello di rischio continuando ad essere privo di un qualsiasi impianto di prevenzione e gestione incendi ed il pericolo che si ripeta il tremendo evento del 19 dicembre 2008, quando si incendiarono una quindicina di roulotte e baracche culminato con il tragico epilogo della morte di un bambino di due anni.

Nell’Ottobre 2006 il campo risultava così censito: 103 nuclei familiari, con 218 persone di età adulta e 185 persone minorenni  (di cui 80 iscritte a scuole di vario tipo).

A distanza di otto anni risulta che i nuclei familiari si siano quasi dimezzati passando da 103 a 66 (9 famiglie Italiane, 1 Rumena, 1 Croata, 1 Serba, 54 Macedoni) con 184 adulti a fronte dei 218 del censimento precedente e 151 minori che non frequentano con regolarità le scuole dell’obbligo. Dato non trascurabile è che la maggioranza degli abitanti del ghetto di Arpinova è nato in Italia da ormai due generazioni.

Le cause della non scolarizzazione sono da ricercarsi in diversi fattori, quali:

  • La distanza del campo dalla città e la mancanza di un servizio di collegamento di trasporto pubblico efficiente;
  • Problemi d’iscrizione alla scuola dell’obbligo e presumibilmente anche a un mancato controllo delle autorità competenti;
  • Ignoranza da parte dei genitori che trascurano l’importanza della scolarizzazione.

DSC04758Una politica che tende ad integrare le persone minorenni nella nostra società è più importante di una politica che miri ad integrare gli adulti, più restii ad integrarsi. Pertanto, se si adottasse già dal presente una politica che miri all’integrazione, nel pieno rispetto delle diversità culturali, nel futuro avremmo degli adulti più inclini ad integrarsi e ad integrare le minoranze etniche nella nostra società. Se anche i nostri bambini iniziassero a formarsi nelle scuole confrontandosi con bambini che hanno una cultura differente, come già avviene nelle città di tutto il mondo,  domani diventeranno degli uomini naturalmente propensi a considerare la diversità come una risorsa.

Interessarsi alla situazione nella quale vivono le persone ospitate nel campo di Arpinova dovrebbe essere un dovere delle istituzioni locali, non solo per chi è costretto a vivere in quella situazione, ma anche per i cittadini che subiscono il degrado vivendo vicino al campo, o per quelli che potrebbero subirne le conseguenze anche a diversi km di distanza. Le gravi condizioni igienico-sanitarie costituiscono la situazione ideale per far insorgere focolai di epidemie che potrebbero facilmente ripercuotersi sull’intera popolazione sia del campo che dei centri abitati vicini, Foggia compresa. Si veda in merito la relazione della Facoltà di Veterinaria che ha accertato la medesima morbilità fra i minori della Comunità ed i cani (peraltro questi ultimi non sono sottoposti a controlli ASL). Infatti negli scorsi anni all’interno del campo si sono già registrati casi di legionellosi e leishmaniosi.

La situazione riscontrata ultimamente nel campo si riassume nei seguenti punti:

  • All’interno del Campo non esiste una condotta fognaria e i liquami vengono raccolti all’interno di pozziDSC04765 neri non svuotati regolarmente e non sufficienti al fabbisogno della comunità, ed è continua la fuoriuscita di liquami dai tombini. All’esterno essi formano delle pozzanghere, ruscellamenti sul bordo stradale e, in alcuni tratti, perfino sul manto stradale, finendo anche nei campi agricoli limitrofi, in spregio delle più comuni norme igieniche;
  • La raccolta dei rifiuti la raccolta dei rifiuti è discontinua e, quando vi è un accumulo, la spazzatura viene incendiata dai nomadi stessi, anche con frequenza settimanale. Questo metodo, vietato dalla legge e notoriamente nocivo, mette a repentaglio non solo la salute di coloro che si trovano nel campo, ma anche quella dei cittadini che vivono nelle aree vicine. A ciò si aggiunge il fatto che la diossina e tutte le altre componenti tossiche sprigionate dalla combustione dei rifiuti contaminano le coltivazioni limitrofe, penalizzando gravemente la produzione agricola locale;
  • L’impianto elettrico è fatiscente. All’interno del campo sono presenti diverse colonnine alle quali potersi aallacciare per il prelievo di energia elettrica, queste torrette pur stando all’esterno sono ormai prive delle sicurezze necessarie e non sono opportunamente isolate dall’acqua. Alzando lo sguardo in alto è possibile osservare un reticolo di cavi elettrici allacciati ai pali dell’illuminazione che prelevano la corrente in maniera abusiva e la trasportano all’interno delle baracche artigianali o container. Essendo questi allacci eseguiti sicuramente senza il rispetto delle norme di sicurezza possono rappresentare un grave rischio per l’incolumità.
  • La maggior parte dei residenti del campo vive all’interno di container ormai fatiscenti per l’usura. Molti di questi container non hanno più le condotte dello scarico ed alcuni di essi scaricano le acque di servizio nelle immediate vicinanze del container formando i pericolosi anzidetti ristagni d’acqua. Quelli che non dispongono dei container vivono in condizioni igienico-sanitarie molto più delicate, alcuni sopravvivono in roulotte fatiscenti, altri in baracche di cui alcune hanno il tetto in amianto. Sia i primi che i secondi non dispongono di acqua potabile e bagni.

L’acqua, fino al mese di dicembre 2013  veniva a  loro offerta volontariamente dall’occupante di un container che la mise a disposizione di tutti, mediante una pompa situata al centro del campo, la sua fornitura di acqua potabile. Siccome la pompa non era dotata di rubinetto questa riversava costantemente acqua, h24, con un grave spreco e alimentando le pozze d’acqua e il ruscellamento sulla strada provinciale. Invece di provvedere a mettere un rubinetto si è vietata la fornitura d’acqua ed ora i 15 nuclei familiari prive di container, 25 minori e 33 adulti, devono approvvigionarsi d’acqua mediante il riempimento di contenitori.

Ad oggi, su nostra richiesta, sono state già presentate due interrogazioni una in Parlamento dalla Senatrice Daniela Donno e una all’Europarlamento dal Europarlamentare Ignazio Corrao entrambi del M5S.

Allego i link delle interrogazioni:

Le cattive condizioni igienico sanitarie furono segnalate anche alle autorità competenti con un esposto protocollato negli uffici del centro d’igiene a Foggia a novembre 2013, oltre ad aver più volte allertato l’ex sindaco Mongelli della situazione in cui versa il campo, il quale si è sempre solo limitato, per quando ci risulta, dopo le nostre segnalazioni, a interventi che miravano a ripristinare momentaneamente la grave situazione igienico sanitaria del campo.

Il Consigliere Comunale Vincenzo Rizzi ha presentato anch’egli una interrogazione al Sindaco e al Presidente del Consiglio Comunale nella quale si chiede di sapere:

  • che il Comune individui non meno di cinque (5) aree da assegnare secondo l’unico criterio possibile vincente, quello della famiglia estesa.
  • che il comune si faccia promotore di politiche d’integrazione ipotizzando anche progetti tesi all’autocostruzione delle abitazioni.
  • di sapere come sono stati spesi i fondi per urbanizzare l’area del campo.
  • di sapere quanti fondi si spendono ancora oggi per lo stesso campo.
  • di avere l’elenco completo di tutte le aziende/ditte appaltate per la gestione del campo, comprensivo di capitolato.
  • Se il Sindaco intende prendere provvedimenti per l’emergenza sanitaria in essere nel campo.
  • come l’amministrazione intenda garantire i diritti dei minori a partire dal diritto a poter frequentare scuola dell’obbligo.
  • Se il Comune ha un piano di integrazione che preveda lo smantellamento del campo rom di Arpinova.